Magna Charta Libertatum

Le garanzie individuali non sono un’accozzaglia di cavilli giuridici e scorciatoie per furbetti: sono l’essenza della democrazia liberale. Dalla Magna Charta a oggi come si è evoluta la cultura delle garanzie e perché ora rischiamo di tornare indietro.

Quando si sente parlare di garantismo, a primo acchito, la reazione più immediata potrebbe essere quella di uno spontaneo disinteresse, come se si dissertasse attorno a qualcosa di astratto dalla vita sociale, a qualcosa di estraneo da qualsiasi interesse meritevole di considerazione per chi è occupato a districarsi nel tedio delle quotidiane incombenze. D’altronde come biasimare il famigerato mantra “primum vivere deinde philosophari”. In realtà per garantismo, volendo prescindere da stucchevoli definizioni tecniche, altro non si intende se non quel complesso di garanzie poste a salvaguardia dei diritti dei singoli contro l’arbitrio della forza pubblica, condicio sine qua non per l’esistenza di qualsivoglia Stato di diritto. Il problema della tutela dei diritti individuali non è un tema così scontato come potrebbe oggi apparici. D’altronde, come brillantemente ebbe modo di osservare Piero Calamandrei, “la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”. E in effetti il tema del presidio della libertà ed in genere di tutte quelle guarentigie riconosciute al privato contro i soprusi del potere pubblico non è qualcosa di immanente, che prescinde da qualsiasi latitudine temporale o spaziale. Anche oggi la tutela di molti diritti fondamentali pare poter essere messa in discussione perfino nelle avanzate democrazie occidentali.

Storicamente il tema della tutela delle garanzie individuali era già fortemente sentito nel tessuto sociale e politico inglese del XIII secolo, ne è testimonianza l’accettazione da parte di Giovanni Senza Terra della Magna Charta Libertatum, grande baluardo a difesa dei diritti dei singoli contro le vessazioni del potere. Non a caso Lord Denning la descrive come “il più grande documento costituzionale di tutti i tempi – il fondamento della libertà dell’individuo contro l’autorità arbitraria del despota”. La sensibilità al problema, tuttavia, deflagra in maniera esponenziale con l’avvento delle tre grandi rivoluzioni liberali: la Gloriosa Rivoluzione Inglese del 1688, la Rivoluzione Americana iniziata nel 1775 e la Rivoluzione Francese del 1789. Ed è proprio con l’affermarsi dello Stato Liberale, portato delle grandi rivoluzione liberali dianzi citate, che il garantismo diviene elemento strutturale dell’istituzione sovrana.

Da un punto di vista politico e sociale la vexata quaestio della necessità di un limite al dispotismo sovrano, di una pesante egida delle garanzie individuali, riveste più che mai oggi un’importanza decisiva. Soprattutto il tema delle garanzie sostanziali e processuali in materia penale pare oggigiorno oggetto di una possibile derubricazione, alla luce delle esigenze, più che mai amplificate dalle forze politiche, di una forte repressione finalizzata alla garanzia della pace sociale. Ragione per cui pare sempre più politicamente sacrificabile un diritto del singolo, anche di rango costituzionale, in nome di una diffusa esigenza di controllo dell’allarmismo sociale così fortemente avvertito e volutamente estremizzato. Pensiamo a quanto sia percepita come ridimensionabile la presunzione di non colpevolezza (quel principio in ossequio al quale l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva) riconosciuta e garantita dall’art.27 secondo comma della nostra carta costituzionale, in nome della necessità, più mediatica che di effettivo rilievo sociale, di rendere edotta l’opinione pubblica sui processi segnatamente penali che riguardano soggetti di una qualche risonanza. Spesso con parossistica attenzione dedicata all’apertura delle indagini e con minima rilevanza attribuita ai fenomeni assolutori. L’indagato che diviene colpevole sino dal ricevimento dell’informazione di garanzia in quel tritacarne mediatico che spesso costituisce una pena ulteriore e, si badi bene, non dovuta, in particolare per chi poi verrà giudicato innocente. Una sorta di sanzione sociale che si affianca alla potenziale, e non certa, sanzione penale, che trasforma l’indagato, perlomeno socialmente, da innocente fino a prova contraria a colpevole fino a prova contraria.

In questo panorama di cecità, di perdita di quei valori che dovrebbero informare una società matura in relazione ad una corretta amministrazione della giustizia, si inscrive il nostro progetto. Con la precipua finalità di divulgare i principi della cultura garantista per sensibilizzare l’opinione pubblica e cercare di aprire un proficuo dialogo per la realizzazione di un obiettivo di imprescindibile importanza: mettere al centro della discussione il tema della tutela dei diritti individuali, per evitare che nuovi soprusi, fomentati da un disinteresse e un’inerzia collettiva, possano essere legittimati all’interno della nostra realtà sociale.