Il tema della prescrizione è un tema oggetto di molte discussioni e di recente di una riforma che prevede la sua sospensione dopo il primo grado di giudizio, e che, sostanzialmente la elide. Tuttavia questa nozione affonda le sue radici già nell’Atene classica del V secolo ed è tutto fuorchè un inutile orpello da spazzare via.
Nell’Atene classica del V secolo vi era già una prescrizione di cinque anni per tutti reati, decorsi i quali si estingueva il reato ad eccezione dell’omicidio e dei reati contro le norme costituzionali, che non avevano termine di prescrizione. Demostene scrisse che questo termine fu introdotto per provare ad ovviare al problema dei Sicofanti, soggetti che sostenevano denunzie anche false e peroravano l’accusa al fine di guadagnare una parte della multa versata dalla difesa.
Nel diritto penale moderno la prescrizione del reato ex. art. 157 e seguenti del codice penale, si caratterizza come un istituto di diritto sostanziale, come anche ribadito dalla Corte costituzionale nella sentenza Taricco, ed è una causa estintiva del reato: quando alla commissione di un reato reale o ipotetico non segue alcun accertamento giudiziale definitivo, entro un periodo che viene determinato dalla legge, attualmente corrispondente, in linea generale, al massimo della pena edittale, il reato si estingue. Vi sono anche reati che non possono essere estinti in virtù dell’istituto, ossia quelli per i quali la legge prevede la pena dell’ergastolo; vi sono pure dei reati che possono considerarsi imprescrittibili di fatto quale ad esempio l’associazione mafiosa.
Ad ogni modo la prescrizione trova fondamento sia nel comprensibile affievolirsi del bisogno di pena (salvo le eccezioni di cui prima citate) per l’attenuazione del ricordo
sociale del fatto, sia in conseguenza di difficoltà probatorie, sia in virtù della consapevolezza che la precarietà della giustizia umana difficilmente riesce a conciliarsi con una pedissequa ed intransigente ricerca dell’autore di un qualsivoglia reato commesso nel passato: autore che sarebbe sempre esposto ai rischi di un processo. Pacifico, pertanto, che ci si ricollega alle teorie della pena e si nota come la stessa, intesa come causa di estinzione della condanna, rifiuta la teoria retributiva assoluta che tende alla necessità che al reato commesso consegua una pena e invece essa ben si ricollega alle istanze della prevenzione sia generale che speciale.
Va comunque tenuto presente che la prescrizione essendo espressione di un interesse generale, operante in assenza di un compiuto accertamento giudiziale, non può tuttavia prevalere sull’interesse del singolo a dimostrare la propria innocenza. In origine la possibilità della rinuncia alla prescrizione non era prevista dal codice Rocco e la stessa Corte costituzione nel 1971 aveva sottolineato la diversità della natura di causa estintiva rispetto alla amnistia propria. Solamente con una sentenza additiva del 1990 la Consulta ha riconosciuto la rinunciabilità alla prescrizione valorizzando i diritti fondamentali del singolo e ritenendo l’attuale 7° comma del 157 espressione del diritto alla difesa costituzionalmente sancito. Onde evitare di incorrere in errori linguistici bisogna sottolineare che esiste anche l’istituto della prescrizione della pena di cui agli artt. 172 e 173 del c.p., che non è una causa di estinzione del reato, bensì causa di estinzione della pena. Tendenzialmente anch’essa si fonda sugli stessi presupposti in quanto presenta legami con la funzione general preventiva della pena, quantunque un filone dottrinario riconosce che sia espressione della funzione retributiva del diritto penale. Oltretutto se da un lato la prescrizione del reato incide sugli aspetti sostanziali del diritto penale, la prescrizione della pena incide principalmente sull’esecuzione.
Premesso ciò, la disciplina della prescrizione è stata continuamente oggetto di proposte di riforma. Ribadendo il concetto espresso all’inizio, nelle campagne elettorali e nei vari dibattiti politici degli ultimi vent’anni, quasi tutti i partiti si sono proposti in un modo o nell’altro di riformare la disciplina. Basti ricordare la riforma ex. Cirielli del 2005 sulla prescrizione che ha sostituito i termini prescrizionali e ha introdotto nuovi termini minimi per la maturazione dell’istituto: sei anni per i delitti e quattro per le contravvenzioni. Un percorso che è poi sfociato nell’approvazione delle legge “spazza-corrotti”, nella quale è prevista che prevede la sospensione della prescrizione dal momento della sentenza di primo grado fino al passaggio in giudicato che, come scritto nella legge, approvata non molto tempo fa, entrerà in vigore dal 2021. Le conseguenze sono aberranti e probabilmente ci si trova davanti a una riforma incostituzionale, in quanto creatrice di un processo “eterno”: verrebbe meno la garanzia costituzionale della ragionevole durata del processo e si andrebbe incontro a una pretesa assoluta dello Stato a far conseguire una pena.
Se è vero che questa impostazione del guardasigilli non stupisce, poiché le istanze del movimento cinque stelle sono sempre state e sono espressione di una visione giustizialista e autoritaria della giustizia, essa appare comunque apertamente in contrasto con i capisaldi della Costituzione e della CEDU. Dovrebbe far riflettere il fatto che il ministro della giustizia, nonché avvocato, dimentichi quali siano i traguardi raggiunti dal diritto moderno, manifestazione di uno stato liberale. Il fondamento e la funzione della prescrizione ne sono l’esempio. E’ errato considerare la prescrizione in sé come istituto volto a garantire semplicemente l’immunità dell’imputato, bypassando l’accertamento giudiziale. E’ altresì chiaro che nel ordinamento italiano siano stati commessi degli errori legislativi, si noti ad esempio la stessa legge ex Cirielli che ha previsto dei termini prescrizionali proporzionalmente brevi rispetto agli effettivi tempi che nella prassi si trascorrono presso gli uffici giudiziari.
Va da sé che il messaggio che deve trapelare è proprio quello dell’articolo 111, primo e secondo comma della Costituzione che statuisce: ”La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.” Pertanto qualora dovesse venire meno la prescrizione, tutti i cittadini sarebbero soggetti a un persecuzione ad libitum statuale che andrebbe a limitare libertà ormai date per scontato, frutto di sacrifici e traguardi degli Stati civili.