Il presente contributo intende soffermarsi su un tema – quello della giustizia riparativa – di estrema attualità, anche in considerazione della comunicazione, pervenuta in data 28.9.2022 dal Consiglio dei ministri (successiva all’elaborazione del presente scritto), della definitiva approvazione del decreto legislativo di attuazione della riforma della giustizia penale. Dopo un breve raffronto tra le criticità dei modelli di giustizia di stampo retributivo e le potenzialità democratiche e special-general preventive della Restorative Justice, il lavoro vuole scongiurare l’erroneo convincimento di ricomprendere nella logica riparativa tutto ciò che si caratterizzi per il solo fatto di non essere “carcerogeno”. A tal fine vengono analizzati in chiave critica due istituti che, pur meritevoli di aver spezzato la tradizionale sequenza reato-pena detentiva, non devono indurre l’interprete a cadere nell’illusione di essere finalmente in presenza di istituti intrinsechi di caratteri riparativi e totalmente privi di tratti marcatamente sanzionatorio-afflittivi: l’istituto dell’estinzione del reato per condotte riparatorie e quello della messa alla prova. Infine, alcune brevi riflessioni conclusive vengono dedicate alla c.d. Riforma Cartabia, che sicuramente ha avuto il merito di introdurre, per la prima volta nell’ordinamento nazionale, una disciplina organica della giustizia riparativa, prevedendo altresì diverse interconnessioni della stessa con il procedimento penale.