Daniela Poggiali è stata arrestata. L’ex infermiera della Ausl Romagna, famosa suo malgrado per essere al centro di un’inchiesta giudiziaria che la vede imputata per l’omicidio di due pazienti, è attualmente reclusa in regime di custodia cautelare presso il carcere di Forlì. I legittimi dubbi sull’ordinanza che ha autorizzato la misura, tra le altre cose, sollevano alcune questioni centrali del malfunzionamento della giustizia penale nel nostro Paese: dal numero spropositato di detenuti in regime cautelare fino al grande tema della separazione delle carriere dei magistrati.

Durante il pranzo della vigilia di Natale improvvisamente si sono presentati i carabinieri, manette alla mano. Non è un romanzo di John Grisham, né tantomeno un calcolato escamotage narrativo di un film d’azione, bensì un fatto di recente accaduto. E’ ciò che è successo pochi giorni fa a Daniela Poggiali, ex infermiera, famosa suo malgrado per essere al centro di un’inchiesta giudiziaria che la vede imputata per l’omicidio di due pazienti ricoverati presso l’ospedale Umberto I di Lugo, Ravenna. Oltre alle modalità e all’occasione evidentemente simbolica dell’arresto, a destare non pochi dubbi è anche il contenuto dell’ordinanza di custodia cautelare.

Infatti, nel provvedimento custodiale richiesto dalla Procura di Ravenna e confermato dall’ufficio del Gip della cittadina romagnola, Poggiali viene descritta come una vera e propria “bomba ad orologeria”, un soggetto alla cui presenza nessuno è al sicuro, “né in ospedale, né altrove”. Eppure l’ex infermiera, dopo la prima delle due assoluzioni in appello, entrambe poi annullate dalla Suprema Corte (si è giunti addirittura all’appello ter, ma questa è un’altra storia), ha trascorso gli ultimi 3 anni e mezzo in libertà, periodo durante il quale non solo stava provando a ricostruirsi una vita, ma ha anche mantenuto una condotta incensurabile, senza indici di pericolosità. Per questo, si fatica a comprendere l’estrema necessità di chiedere – e ottenere – la misura intramuraria oggi, a distanza di anni dalla presunta commissione del fatto. Allora, l’attualità del pericolo? La stretta necessità? Il carcere come extrema ratio? Tutte domande che non trovano una risposta logica all’interno dell’ordinanza, che, sostanzialmente, pare ispirarsi a un’impostazione marcatamente special-preventiva negativa, lontana dai fatti e schiacciata su una visione del diritto penale e del carcere come strumenti da azionare sulla base di presunti (perciò non certificati o empiricamente dimostrati) motivi di pericolosità sociale. Ma la vicenda, oltre a quelle appena elencate, solleva un’ulteriore rilevante criticità, di natura generale in quanto legata alla quotidiana attività della giurisdizione: l’uso eccessivo e disinvolto di quella misura che, una volta, si sarebbe chiamata “carcerazione preventiva”.

Purtroppo in tal senso i dati parlano chiaro: l’Italia “vanta” un numero di ristretti in custodia cautelare spropositato, tra i più alti dei paesi occidentali, tanto che un terzo dei detenuti delle nostre sovraffollate carceri sono composte da individui innocenti fino a prova contraria. Una delle possibili cause di questa situazione è proprio l’estrema facilità con cui gli inquirenti nella prassi, ovverosia nella complessa e travagliata quotidianità della giustizia penale, ottengono l’applicazione delle misure cautelari. Sul punto emerge una questione non trascurabile: la necessaria e indifferibile separazione delle carriere dei magistrati. Tale separazione, infatti, inciderebbe indirettamente anche sulla pericolosa consuetudine del “copia-incolla”, ossia nell’operazione di trasformazione, più o meno velata, dei motivi della richiesta cautelare in motivi della decisione, a cui troppo spesso i difensori assistono. In conclusione, tornando al punto di partenza, quella di Daniela Poggiali è certamente una vicenda che desta particolare attenzione e forti dubbi, tanto nel primo filone del processo quanto nella sua vicenda bis, di cui al momento l’arresto natalizio si presenta come il tassello più discutibile. Una vicenda che, proprio per questi motivi, continueremo a seguire con attenzione.