Abbiamo intervistato Lucia Serena Rossi, Professoressa Ordinaria di Diritto dell’Unione Europea all’Alma Mater Studiorum- Università di Bologna, che, dall’8 Ottobre 2018, è Giudice della Corte di Giustizia dell’Unione europea. Con lei abbiamo parlato della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, del ruolo delle Corti sovranazionali, dell’utilizzo di un approccio comparativo allo studio del diritto e tanto altro.
D: La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea si apre, significativamente, con un capo I e un primo articolo specificatamente dedicati alla tutela e al rispetto della dignità umana. Quanto è importante la scelta fatta dal legislatore europeo nell’ottica del processo di progressiva valorizzazione dell’inviolabilità della dignità umana e quale il ruolo della Corte di Giustizia nel presidio di tale valore?
R: Quello della dignità è probabilmente il diritto più importante, in quanto si pone a fondamento di tutti gli altri. Non è quindi casuale che la prima norma e il primo Titolo della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea siano dedicati proprio a questo diritto. Secondo le spiegazioni che corredano la Carta, “La dignità della persona umana non e’ soltanto un diritto fondamentale ma costituisce la base stessa dei diritti fondamentali. Ne consegue, in particolare, che nessuno dei diritti sanciti nella presente Carta può essere usato per recare pregiudizio alla dignità altrui e che la dignità della persona umana fa parte della sostanza stessa dei diritti sanciti nella Carta.” La Corte di Giustizia ha fondato diverse sentenze sul rispetto della dignità, come ad esempio nelcaso Omega, in cui ha giustificato la restrizione da parte della Germania all’importazione di beni e servizi relativi ai giochi con pistole laser.
D: Qual è oggi il ruolo delle Corti sovranazionali nella complessa dinamica della tutela multilivello dei diritti fondamentali?
R: Il discorso sarebbe molto lungo, ma in estrema sintesi si può dire che questa dinamica può essere vista da un lato dal punto di vista del coordinamento fra norme e giurisdizioni e, dall’altro, dal punto di vista degli individui. Sotto il primo profilo, oltre alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, che ha sede a Lussemburgo, gioca un ruolo fondamentale la Corte europea dei diritti dell’uomo, organo giurisdizionale del Consiglio d’Europa, con sede a Strasburgo. Spesso la gente e, purtroppo, anche i giornalisti confondono le due Corti, che però hanno un ruolo assai diverso. La prima interpreta i diritti fondamentali nell’ambito dell’ordinamento giuridico dell’Unione e vigila sull’applicazione degli stessi innanzitutto da parte delle istituzioni dell’Unione, ma anche degli Stati e degli individui nei confronti di altri individui. E’ una Corte con poteri importanti, può condannare gli Stati che violano il diritto dell’Unione a pagare multe molto pesanti, e può contare sulla collaborazione di tutti i giudici degli stati membri, mediante lo strumento del rinvio pregiudiziale. La Corte di Strasburgo interpreta la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e i suoi Protocolli in giudizi promossi dagli individui contro gli Stati e se accerta una violazione può condannare i secondi a pagare ai primi una compensazione. Poiché tuttavia molti diritti della Carta dell’Unione sono rispecchiati da un lato dalla CEDU e dall’altro dalle Costituzioni degli Stati membri dell’Unione, ecco che si creano a volte delle situazioni in cui è necessaria una actio finium regundorum, per capire quali diritti si applicano e quale Corte è competente. Per fortuna vi è un crescente coordinamento fra le Corti, basato sul rispetto reciproco e sul riconoscimento e la valorizzazione dei rispettivi sistemi. Sotto il secondo profilo, l’individuo vede innanzitutto la Costituzione nazionale, la quale tutela essa stessa diversi diritti fondamentali, ma contiene anche una clausola di rispetto del diritto dell’Unione europea, oltre ad una norma più generale relativa al rispetto dei Trattati internazionali in cui rientra anche la CEDU. Dunque se la fattispecie in cui si invoca la protezione di un diritto non ricade nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, si possono invocare la Costituzione nazionale e la CEDU; in caso contrario, si applica la Carta e il diritto dell’Unione. Peraltro la stessa Carta fa salvo lo standard della CEDU come livello di tutela al di sotto del quale non si può scendere, e prevede un’interpretazione in armonia con le tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri.
D: Qual è il rapporto fra gli obblighi di tutela penale derivanti dal sistema unionale ed il principio garantista della riserva di legge nazionale?
R: Secondo l’art 49 della Carta “Nessuno può essere condannato per un’azione o un’omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o il diritto internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso. Se, successivamente alla commissione del reato, la legge prevede l’applicazione di una pena più lieve, occorre applicare quest’ultima.” Naturalmente la Carta si può invocare solo nel campo di applicazione del diritto dell’Unione, ad esempio quando si tratta di dare o meno esecuzione ad un mandato d’arresto europeo. Ma se una fattispecie non rientra in una materia armonizzata a livello dell’Unione, sono solo gli Stati, il loro sistema costituzionale e i loro giudici ad essere competenti.
D: Quanto è importante lo strumento del rinvio pregiudiziale al fine di garantire la corretta interpretazione e applicazione delle norme dell’Unione europea?
R: Ovviamente è basilare, la stessa Corte di Giustizia lo ha definito “la chiave di volta” del sistema giuridico dell’Unione. Come la Corte stessa affermò alla fine degli anni Settanta nella sentenza Simmenthal, i giudici nazionali sono anche giudici dell’Unione. Ed è grazie alla loro collaborazione, tramite lo strumento del rinvio pregiudiziale, che la Corte di Giustizia può vigilare sull’uniforme interpretazione ed applicazione del diritto dell’Unione.
D: Quanto è importante a suo avviso l’utilizzo di un approccio comparativo allo studio del diritto e delle sue diverse sfaccettature nel percorso di omogenizzazione dei singoli e differenti ordinamenti nazionali?
R: L’approccio comparativo è molto utile nella fase in cui si creano nuove norme da parte dell’Unione, le cui istituzioni devono appunto avere ben presente qual è la situazione di partenza nei vari Stati membri. Una volta che sono adottate queste norme però al metodo comparativo subentra il metodo proprio del diritto dell’Unione, basato sui principi unitari dell’autonomia, del primato e degli effetti diretti.
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