Deputata radicale XVI legislatura (2008-2013), Consigliere Generale del Partito Radicale, Presidente di Nessuno Tocchi Caino e da sempre in prima fila nella difesa dei diritti e delle garanzie dei detenuti.
D: A più di un mese dall’entrata in vigore del decreto legge ‘Cura Italia’ (D.L. 18/2020) come valuta l’attuale situazione nelle carceri italiane?
Rita Bernardini: Se guardiamo al sovraffollamento, questo è certamente più contenuto: siamo passati dai 61.230 detenuti presenti il 29 febbraio ai 53.187 registrati nelle 189 carceri italiane il 1° maggio. Un calo di ottomila presenze dovuto non certo a quanto previsto per l’esecuzione penale dal “Cura Italia”, ma quasi esclusivamente al senso di responsabilità di alcuni magistrati di sorveglianza, di alcuni PM e dal lavoro davvero encomiabile di alcuni direttori e rappresentanti dell’amministrazione penitenziaria in sede locale. Detto questo siamo ancora lontani dalla capienza regolamentare che in emergenza coronavirus dovrebbe essere ulteriormente ridotta per assicurare quel distanziamento sociale che è stato imposto a tutti gli italiani. Infine, a causa dell’emergenza, è venuto a mancare anche quel minimo di trattamento che prima veniva fatto: istruzione, lavoro, attività culturali e sportive si sono sostanzialmente azzerate: solo celle e ora d’aria (ridotta pure questa) nei passeggi e tanta, tanta disperazione.
D: Quanto incide la scarsità di tamponi effettuati su detenuti e operatori carcerari sulla presa di coscienza di tale grave fenomeno?
RB: I dati vengono forniti con il contagocce e solo dal Garante Nazionale Palma. Gli ultimi sono fermi al 1° maggio ed erano in ascesa per i detenuti con 159 positivi e stabili nel personale con 215 positivi. Quanto ai tamponi, il dato è sconosciuto. Io sono rimasta alle dichiarazioni del Ministro Bonafede in parlamento all’indomani delle rivolte quando ha detto che, d’intesa con la Protezione civile, sarebbero stati effettuati i tamponi ai detenuti trasferiti a vario titolo, a suo dire seimila persone (una follia). Insomma, non c’è uno screening predisposto su basi razionali. Senza conoscenza, si interviene a tentoni per tappare le falle. Le risulta che ci sia stato o ci sia un piano per affrontare l’emergenza Covid-19 in carcere?
D: Quali correttivi apporterebbe rispetto alle previsioni del Governo in materia?
RB: Intanto mi chiedo perché non si sia approntato un piano per affrontare la pandemia nelle patrie galere… mi chiedo che fine abbia fatto il ministro della salute Speranza, visto che la medicina penitenziaria da 12 anni a questa parte è stata trasferita alla sua competenza. Abbiamo invece avuto a che fare con miriadi di circolari sovente contraddittorie, diramate da chi non ne aveva la titolarità, che hanno lasciato i direttori di fronte a situazioni di difficile gestione. Quanto invece ai provvedimenti legislativi, occorreva fin da subito ridurre drasticamente la popolazione detenuta con una legge di amnistia e di indulto, rimedi perfettamente costituzionali che avrebbero potuto essere supportati nelle more dell’iter parlamentare da una grazia generalizzata da parte del Presidente della Repubblica. Abbiamo fatto queste proposte come Partito Radicale e come Nessuno Tocchi Caino senza rinunciare a soluzioni subordinate come la reintroduzione della liberazione anticipata speciale e l’accesso alle misure alternative per chi debba scontare una pena, anche residua, al di sotto dei tre anni. Purtroppo, il ministro della Giustizia e il Governo hanno scaricato le loro responsabilità sui magistrati di sorveglianza, diversi dei quali hanno dato luogo a provvedimenti tanto ineccepibili quanto indigeribili da una classe politica di manettari, totalmente ignorante quanto a principi costituzionali.
D: Secondo lei perché c’è tanta riluttanza da parte del Governo nell’implementare l’utilizzo delle misure alternative?
RB: Potrei dire “vedi sopra”. Quel che trovo inaccettabile è il comportamento del Partito Democratico che solo a parole si professa favorevole alla de-carcerizzazione, ma nella pratica quotidiana ha appaltato al giustizialismo dei 5 stelle tutta l’amministrazione della giustizia, carceri comprese. Evito qui di fare l’elenco di tutto ciò che ha inghiottito facendo finta di niente.
D: Abbiamo visto negli scorsi giorni le tragiche immagini dei detenuti del carcere di Izalco a El Salvador. Ammassati come fossero blocchi inanimati, oggetti da mettere uno sopra l’altro ad incastro. Al di là dell’Europa, com’è la situazione carceri durante il COVID 19? Quali sono i casi più critici?
RB: La mia impressione è che gli Stati a democrazia avanzata abbiano registrato negli ultimi anni una tale erosione dei principi fondamentali che difficilmente possono essere d’esempio per quelle nazioni che la democrazia non l’hanno mai conosciuta o che da poco si stanno cimentando con essa. Ecco perché Marco Pannella, prima di lasciarci, parlava – riferendosi al mondo arabo – di una “transizione” che avrebbe dovuto accomunare anche l’Europa verso una concezione democratica, federalista, laica da tempo scolorita. Quelle immagini a cui lei fa riferimento sconvolgono nel profondo perché ricordano quelle dei metodi nazisti, fascisti, comunisti. Molti di questi stati sono sudamericani e moltissimo incide, io credo, il proibizionismo sulle droghe. Poi ci sono le immagini che non vedremo mai perché appartengono a regimi che hanno consolidato la loro protervia repressiva e che sono abilissimi nel nasconderla. Se all’Iran sfugge qualche patibolo, qualche impiccagione nelle piazze, è sol perché il regime dei mullah ritiene la pena capitale perfettamente legittima e da esibire, difficilmente vedremo immagini che si riferiscono alle condizioni di detenzione.
D: Molte polemiche sulle scarcerazioni di due detenuti al 41 bis: attacchi ai magistrati di sorveglianza, gran parte della politica che parla di vittoria della mafia, Basentini costretto a dimettersi. Cosa pensa di questa vicenda?
RB: Se aggiungo a quanto accaduto anche il più recente scontro Di Matteo/Bonafede, mi viene da pensare ad una guerra per bande autoproclamatesi “antimafiose”. Pretendono di affrontare la mafia con la “terribilità” (citazione di Sciascia) anziché con il “diritto”. Sono strutturalmente incapaci di concepire quelle riforme – penso alla legalizzazione degli stupefacenti – che toglierebbero gran parte dei proventi alla criminalità ridimensionandola drasticamente. Le dimissioni di Basentini avrebbero dovuto essere presentate per la gestione incostituzionale e illegale del sistema penitenziario, non certo per quanto gli è stato imputato che rientra, ahinoi, nelle olimpiadi dei campioni dell’antimafiosità.
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