Chi è Éric Dupond-Moretti: ritratto del nuovo ministro della giustizia francese. La sua è una delle figure più discusse della squadra presentata dal nuovo primo ministro Jean Castex.

“Una dichiarazione di guerra”. Così è stata accolta dalla principale associazione rappresentativa dei magistrati francesi la nomina di Eric Dupond-Moretti, “l’acquittator” (“assolutore”), al vertice del ministero della giustizia. Il primo precedente che salta alla mente dei commentatori (in quanto unico avvocato ad aver ricoperto il ruolo prima di Moretti) è quello del più popolare Robert Badinter, strenuo difensore del diritto alla vita anche dei peggiori criminali e perciò illuministicamente innamorato dell’idea di abolire la pena di morte, impresa che in effetti gli riuscì nel 1981 nella stessa assemblea che, mutatis mutandis, aveva avuto tra i suoi membri Guillotin e Robespierre. Come Badinter , la “bestia nera” (viene anche chiamato con questo nomignolo che si addice di più ad un wrestler che ad un ministro, e questo è anche il titolo di un suo libro del 2012), è orfano di padre, condizione che giudica come la prima e fondamentale palestra di ingiustizia. La vocazione per la toga del nuovo inquilino di place Vendôme 13 si manifesta all’età di 15 anni , alla notizia dell’esecuzione, all’alba, di Christian Ranucci, un ventiduenne accusato di aver rapito e ucciso una bambina. I dubbi sono troppi, e vengono richiamati anche dal vecchio guardasigilli mentre chiede all’assemblea di abolire la pena capitale.

Leggendo le sue dichiarazioni sembra che nell’Esagono, dove i pubblici ministeri dipendono dall’esecutivo, i problemi e gli squilibri che riguardano l’avvocatura e la magistratura non siano così diversi dai nostri. Il neo-ministro, infatti, aveva dichiarato: “Ci vuole un sistema di responsabilità per i magistrati, perché i giudici non sono responsabili di ciò che fanno. Sono i soli nella nostra società a non avere alcuna responsabilità” e, sosteneva, ancora, la necessità di separare la funzione giudicante da quella dei pubblici ministeri, per rompere “le alchimie” e le commistioni. La sua carriera professionale, segnata dalla difesa ostinata di figure fortemente impopolari, ricorda quella di Jacques Vergès – e “Vergès dei poveri” era stato definito qualche anno fa su “La règle du Jeu”, rivista fondata da Bernard Henri Levy. Esattamente come Vergès, afferma che potrebbe difendere anche Hitler se gli venisse chiesto. “Senza dovere per questo giustificare l’ideologia nazista”, ça va sans dire.