L’Eurostat ha recentemente pubblicato i dati, aggiornati al 2018, sulla capienza delle carceri e sulle persone detenute in Europa. La notizia non ha avuto una vasta eco, come spesso accade alle informazioni riguardanti il pianeta carcere. Il dato principale riguarda il numero di detenuti in Europa nel 2018 per 100.000 abitanti: 111, la cifra più bassa degli ultimi anni. Numeri che dimostrano un generalizzato e diffuso calo delle persone detenute e confermano anche la diminuzione dei reati commessi.

I fatti smentiscono la retorica allarmistica che denuncia il continuo aumento della criminalità, smascherando i populisti che fomentano e cavalcano le paure dei cittadini. Sono, infatti, molti i politici che hanno sfruttato per fini elettorali l’insicurezza diffusa promettendo “legge ed ordine”. Vi sono, inoltre, gli organi di informazione che contribuiscono a creare questo clima sia dando ampio e morboso risalto ai fatti di cronaca nera sia rinunciando ad una corretta informazione sui dati reali.Non si può, però, negare o sottovalutare la preoccupante divergenza tra il numero dei crimini e la percezione diffusa di insicurezza. Soltanto dimostrando l’infondatezza della loro narrazione distorta e l’inutilità delle soluzioni offerte si potrà vincere il confronto con gli impresari dell’insicurezza. Quanto all’Italia, emergono alcuni spunti interessanti. Innanzitutto, nel 2018 i ristretti erano 101,07 per 100.000 abitanti, cifra che attesta l’Italia al sedicesimo posto su ventisette. Il nostro Paese non è, quindi, un Eldorado per i delinquenti in cui nessuno va in carcere. Inoltre, resta alto il tasso di sovraffollamento: 115%, quarti su 27. Ancora una volta l’Italia si piazza ai primi posti in Europa per questo drammatico ed annoso problema, negato o trascurato da molti.

La lettura dei dati sul numero di ristretti dal 2009 al 2018 mostra un netto calo a partire dal 2013 (per gli effetti della sentenza Torreggiani della CEDU) seguito, però, da una rapida risalita che ha portato ai 61.131 detenuti del 2018. Numero rimasto sostanzialmente costante fino all’esplosione dell’emergenza da COVID-19 (al 29 febbraio 2020 vi erano ancora 61.230 detenuti). Vero che i provvedimenti adottati per gestire l’emergenza sanitaria negli istituti penitenziari hanno comportato una netta riduzione del numero dei detenuti (52.520 al 5 giugno 2020, secondo il bollettino del Garante nazionale), ma ciò non è stato sufficiente a risolvere il problema del sovraffollamento: la capienza regolamentare è, infatti, di circa 51.094 detenuti, ma quasi 4.000 posti non sono disponibili per lavori in corso. Peraltro, i numeri dimostrano un continuo aumento della capienza delle carceri italiane (dai 44.838 posti del 2009 ai 51.141 del 2018), a dimostrazione di come non sia sufficiente costruire nuovi istituti per risolvere il problema del sovraffollamento. La considerazione più significativa da trarre dai dati dell’Eurostat, ma soprattutto dall’assenza di reazioni alla loro pubblicazione, è il costante e diffuso (da parte della politica, dei media e dell’opinione pubblica) disinteresse per le condizioni dei detenuti, considerati cittadini di serie b, privabili anche dei loro diritti fondamentali.