Ospitiamo un breve e incisivo commento sulla puntata del 15 marzo del programma di Rai 3 “PresaDiretta”. Oggetto della puntata è stata l’inchiesta Rinascita-Scott, coordinata dal Procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri. Per l’ennesima volta, infatti, in quella sede abbiamo assistito al fenomeno della delocalizzazione del processo penale, alla sua “celebrazione” parallela, alla trasformazione dei risultati di un’inchiesta in una sentenza preventiva di condanna. Non è una novità: il processo penale è un rito sempre più sradicato dal suo luogo naturale e sempre più schiacciato tra la morsa delle istanze punitiviste e la trattazione mediatica a senso unico in favore delle tesi dell’accusa. Ecco allora che, con un po’ di fantasia, il processo penale diventa come un calcio di rigore di cui è impedito conoscere l’esito, perché qualcuno ha spento la tv prima che il pallone venga calciato.
Confesso di essere un tifoso che chiude spesso gli occhi quando un mio calciatore avanza, col pallone sotto il braccio, verso il dischetto. E’ una scelta, nessuno mi obbliga. Se nel momento supremo qualcuno mi spegnesse il televisore, ne subirebbe le conseguenze. Ho ripensato a questo mio personalissimo e volontario rituale proprio l’altra sera, guardando in tv la kermesse celebrativa di un processo penale cominciato da pochi giorni in un’aula mastodontica, progettata per ospitare le centinaia di persone che, a vario titolo, vi partecipano. Il programma è stato tutto incentrato sul lavoro della pubblica accusa nella fase delle indagini preliminari; eppure, sarà − dovrebbe essere − poi il processo vero e proprio a convalidare o meno quel lavoro. Insomma, si sono ribaltati i termini della questione. Si è appena aperto il processo nel quale (come sempre) accusa e difesa si fronteggeranno (o dovrebbero fronteggiarsi) ad armi pari, davanti a un giudice terzo ed imparziale, ma la scelta del regista è stata invece quella di sublimare l’antefatto, ovvero il lavoro prodromico, l’indagine dell’accusatore. Risultato immediato di questa scelta è che lo spettatore, confuso tra i ruoli e le prospettive, ha già “assistito” alla vittoria di una tesi a scatola chiusa e prima del tempo. Qualcuno, in sostanza, è entrato nelle nostre case, sgradito ospite, e ha spento i televisori prima che il rigore venisse calciato. E li ha lasciati spenti anche dopo. Falsati i tempi e le prospettive tutti gli altri spettatori, come me, hanno pensato che la partita è finita, che il rigore ha sentenziato.
P.S. Il pallone, in realtà, si è stampato sul palo ed è schizzato fuori dal campo, ma nessuno sarà informato del fatto.
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