Sanzionato oggi da diverse convenzioni, è stato uno dei primi “crimini internazionali”. Eppure, nonostante ci sia sempre stata una condanna formale- o di facciata, ca va sans dire a tal crimine, la tortura è stata non soltanto protagonista in molti conflitti del ventesimo secolo, ma anche al di fuori del contesto bellico e all’interno del territorio, com’è il caso della brutalità poliziesca, che nel nostro Paese conta esempi illustri (dai fatti del G8 di Genova nel 2001 passando per i casi Cucchi, Aldrovandi e Uva, fino alle notizie più recenti). Un ordinamento, il nostro, oggetto di critiche e sollecitazioni degli organismi internazionali per una formulazione ristrettiva, e troppo vaga.

Il divieto di metodi per estorcere confessioni e dichiarazioni sotto coercizione fisica o morale, meglio noto come tortura, è stato uno dei primi “crimini internazionali” riconosciuto universalmente, e oggi viene sanzionato da diverse convenzioni. [1] Il suo utilizzo inteso a ricevere informazioni veritiere non ha alcuna base scientifica: una persona sotto minaccia o sotto violenza può dire qualsiasi cosa pur di fare smettere il proprio torturatore. Già nel 700, il primo a condannare l’utilizzo della tortura fu Cesare Beccaria, che nei “Delitti e delle pene” definisce la tortura come “l’infame crociuolo della verità” [2]. Nonostante ci sia sempre stata una condanna formale a tal crimine, la tortura è stata protagonista anche in molti conflitti del ventesimo secolo, specialmente per mano di regimi autoritari, come accaduto in Argentina con la juncta o durante il nazismo. Non solo, la tortura è stata anche utilizzata, al di fuori dei propri confini, da stati democratici e liberali per eccellenza come Francia, nella guerra di indipendenza in Algeria- senza alcuna condanna dalla comunità internazionale- ed Inghilterra, durante gli scontri in Irlanda. [3] Il momento di svolta è, però, l’11 settembre 2001. Con l’attacco alle torri gemelle, l’America inizia il programma di “guerra al terrore”, autorizzando anche diversi trattamenti per i terroristi sotto il nome di “interrogatori forzati” [4]. Le immagini di Abu Ghraib hanno fatto il giro del mondo e si possono trovare senza problemi su internet; eppure, come spiega l’inchiesta fatta dal The New Yorker [5], una serie di pseudo limitazioni della responsabilità non ha permesso di accusare le persone poste a capo dei soldati affidati alla struttura, anche se i superiori sapevano e autorizzavano cosa avveniva in quella prigione [6]. Del comportamento dell’America, dei blackholes, del waterboarding e di altre tecniche alle quali venivano sottoposte le persone sospettate di essere affiliate ad al Qaeda, se ne sa molto. Nonostante ciò, dalla comunità internazionale non si è levata nessuna critica o opposizione. Ma cosa accomuna i paesi finora citati? Il fatto che le tecniche di tortura utilizzate da Argentina, Francia, America, Germania sono le stesse. Realtà come quella della School of America, scuola militare statunitense utilizzata per formare poliziotti e militari dei paesi del Sudamerica, ci chiarifica la coincidenza: nei manuali utilizzati nella scuola ci sono anche informazioni su come torturare.[7] Dopo l’11 settembre, il divieto di tortura sembra essere quasi messo in discussione. Teorie come quella della “ticking bomb” vengono utilizzate da alcuni studiosi e politici per giustificare l’utilizzo di queste pratiche, prive di qualsiasi valutazione scientifica. Le notizie su cosa accade in Siria sotto il regime di Assad [8] o nei lager libici certamente sconvolgono gran parte dell’opinione pubblica: le immagini di corpi torturati dei detenuti politici siriani o dei migranti in Libia sono facilmente rinvenibili sui motori di ricerca, sui social network. In più, soprattutto in relazione alla Libia, ci sono molti report e informazioni anche sulle pagine delle Nazioni Unite [9] e denunce da parte di ONG. [10] In risposta a ciò, l’Europa e l’Italia continuano ad affidare e rifinanziare il controllo dei flussi migratori da parte della guardia costiera libica, come è avvenuto lo scorso 16 luglio.

Episodi di tortura accadono anche fuori dal contesto bellico e all’interno del territorio di quasi tutti i paesi, anche quelli più attenti al rispetto dei diritti umani: il fenomeno a cui mi riferisco è quello della brutalità poliziesca, dove i funzionari dello Stato, essendo in una situazione di sovraordinazione e potendo limitare la libertà dei cittadini, approfittano di tale situazione. Poche settimane fa c’è stato l’anniversario di uno dei periodi più bui della nostra vita: il G8 di Genova, la scuola Diaz e la caserma di Bolzaneto, dove più di 200 persone furono trattenute e torturate dai poliziotti. Il G8 di Genova è stato uno degli episodi più violenti dagli anni duemila, ma anche una delle più grandi operazioni di copertura e depistaggio avvenute in Italia da parte delle forze di polizia. [11] Nonostante tutte le violazioni siano state approfonditamente documentate, nessuno è stato punito: il grande numero di poliziotti coinvolti nell’operazione e l’omertà hanno fatto sì che fosse difficile individuare i responsabili. Per la mancata traspozione della norma che vieta la tortura a livello internazionale (convenzione CAT dell’84), la tortura in Italia non era punita con una norma specifica. Dovendo ricorrere ad altri reati, come ad esempio violenza o lesioni, gran parte delle accuse portate avanti sono cadute in prescrizione. Non a caso, nel 2015 e nel 2017 l’Italia è stata sanzionata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo per i fatti avvenuti a Genova. Nel 2015, la Corte aveva riconosciuto il diritto al risarcimento ad uno dei manifestanti, Arnaldo Cestaro, riscontrando una violazione dell’articolo 3 della CEDU [12] e criticando l’inadeguatezza della legge italiana. Nel giugno 2017 [13], invece, ha condannato per la seconda volta l’Italia per i fatti avvenuti nella caserma di Bolzaneto, sempre verificando una violazione dell’art. 3 e soprattutto una violazione del divieto di tortura. Solo nel 2017, trent’anni dopo la ratifica della convenzione CAT, l’Italia ha introdotto nell’ordinamento italiano il reato specifico. Tuttavia, la norma è stata criticata da molte organizzazioni e organi internazionali, [14] perché risultante da una trasposizione non letterale. Infatti, l’art. 1 della convenzione CAT e gli articoli 613 bis e ter (reato di tortura e reato di induzione alla tortura presenti del codice penale italiano) presentano delle divergenze, e molti hanno accusato le norme italiane di definire la tortura in maniera più ristretta rispetto alla normativa internazionale.[15] In Italia, il reato di tortura consta di atti multipli (mentre per la convenzione CAT anche un singolo atto può rientrare nella definizione di tortura; il legislatore italiano usa le parole “violenza” e “minacce” al plurale).[16] Il trauma psicologico deve essere “verificabile”, ma nessuno standard sulla sua verificabilità viene identificato. Infine, il reato di tortura è configurato come un reato comune, e la sua commissione da parte di un pubblico ufficiale costituisce una circostanza aggravante. [17] Tradizionalmente, la tortura è un reato proprio, perpetrato da funzionari dello Stato, ed eliminando questa caratterizzazione sembrerebbe essere snaturato, come ha segnalato Nils Muiznieks, Commissario per i diritti umani presso il Consiglio d’Europa.[18] Inoltre, dalla dicitura della convenzione internazionale “trattamenti inumani o degradanti” si è passati alla formulazione italiana “inumani e degradanti”, congiunzione che rende la fattispecie ancor più riduttiva. Molti degli atti commessi durante il G8 di Genova non sarebbero punibili sotto il nuovo reato di tortura italiano. Le sentenze della Corte Edu individuano la tortura come un comportamento il cui scopo è principalmente punitivo da parte della polizia, e l’art. 1 CAT richiede un dolo specifico distinto da quello dei trattamenti inumani o degradanti; differenze che non sono state recepite nel nostro ordinamento.

Dal 2001, le condotte relative alla violenza poliziesca (talvolta ascrivibili, come anticipato, anche alla più limitata fattispecie della tortura) si sono ripetute in altri casi, come quello di Cucchi, Aldrovandi o Uva. Per giunta, recentemente, all’interno dello scandalo dell’Arma di Piacenza sono emerse anche informazioni sulle presunte violenze e torture consumatesi nella caserma, ancora in attesa- va specificato- di essere accertate in sede processuale. In questo momento, in Italia ci sono 8 procedimenti aperti per presunti episodi di tortura che vedono implicati agenti della polizia penitenziaria. Questa pratica, perfino nel nostro territorio, è lontana dall’essere un tema straniero, a tal punto che nell’ultima settimana l’associazione Antigone ha messo a disposizione un e-book titolato “La Tortura nell’Italia di oggi”, che potete trovare qui. La sopravvivenza della tortura al tempo e alle condanne impone un’attenzione critica che supera il piano storico. Anche se oggi una legge c’è, il Parlamento non può essere esonerato da una più determinata formulazione della norma incriminatrice. In questo senso, le sollecitazioni e gli sforzi degli organismi internazionali non possono rimanere inascoltati.


[1] Tra le principali: Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo (1948) Art. 5; Convenzione contro la Tortura e altre Pene o Trattamenti Crudeli, Inumani e Degradanti (1984); Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali (CEDU), Art. 3
[2] Cesare Beccaria dedica un intero capitolo alla tortura: “Questo infame crociuolo della verità è un monumento ancora esistente dell’antica e selvaggia legislazione, quando erano chiamati giudizi di Dio le prove del fuoco e dell’acqua bollente e l’incerta sorte dell’armi, quasi che gli anelli dell’eterna catena, che è nel seno della prima cagione, dovessero ad ogni momento essere disordinati e sconnessi per li frivoli stabilimenti umani. La sola differenza che passa fralla tortura e le prove del fuoco e dell’acqua bollente, è che l’esito della prima sembra dipendere dalla volontà del reo, e delle seconde da un fatto puramente fisico ed estrinseco: ma questa differenza è solo apparente e non reale
[3] Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, 10 gennaio 1978, Irlanda c. Regno Unito: “il divieto è assoluto e, secondo il diritto internazionale, non può esserci alcuna giustificazione per azioni contrarie alle disposizioni che proibiscono la tortura o altri trattamenti inumani”
[4] UN doc. A/61/44: §37 sulla situazione in America; Keller Susan Jo, Waterboarding, in New York Times, 9 novembre 2007
[5] Seymour M. Hersh, Torture at Abu Ghraib, The New Yorker
[6] Gary Myers, Frederick’s civilian attorney (..) said: “Do you really believe the Army relieved a general officer because of six soldiers? Not a chance.” – Seymour M. Hersh. Torture at Abu Ghraib. The New Yorker
[7] 35 Thomas Jefferson Law Review 1 (2012), available at http://ssrn.com/abstract=2246205
[8] “I had never seen anything like it. Before the uprising, the regime tortured prisoners to get information; now they were torturing to kill.”  Garance le Caisne. They were torturing to kill: inside Syria’s death machine. The guardian; Human Rights Watch. Syria: Stories Behind Photos of Killed Detainees
[9] A 22-year-old woman was tortured after complaining about detention conditions to a visitor. A guard forced her to undress down to her underwear. He then tied her ankles with a rope and dangled her head down from a metal bar, proceeding, together with another guard, to beat her with water pipes all over her body. – UN report: Desperate and Dangerous: Report on the human rights situation of migrants and refugees in Libya, p.44
[10] Medicins sans frontières. Out of sight, out of mind: refugees in Libya’s detention centres; Human rights watch: European Union/Libya: Act not to save lives
[11] Norman Blair later recalled standing like this and a guard asking him “Who is your government?” “The person before me had answered ‘Polizei’, so I said the same. I was afraid of being beaten.” Stefan Bauer dared to answer back: when a German-speaking guard asked where he was from, he said he was from the European Union and he had the right to go where he wanted. He was hauled out, beaten, given a face full of pepper spray, stripped naked and put under a cold shower. His clothes were taken away and he was returned to the freezing cell wearing only a flimsy hospital gown. – The bloody battle of Genoa. The Guardian
[12] http://hudoc.echr.coe.int/eng-press?i=003-5056783-6219425
[13]https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_20_1.page?facetNode_1=1_2(2017)&facetNode_2=0_8_1_85&contentId=SDU42947&previsiousPage=mg_1_20
[14]Consiglio d’Europa: https://rm.coe.int/letter-from-nils-muiznieks-council-of-europe-commissioner-for-human-ri/1680727baf
Human rights watch: https://www.hrw.org/news/2017/07/11/italys-new-law-torture-fails-meet-international-standards
Antigone:https://tbinternet.ohchr.org/Treaties/CAT/Shared%20Documents/ITA/INT_CAT_CSS_ITA_29166_E.pdf
Nazioni Unite – Commissione sul monitoraggio della tortura nel mondo:https://www.ohchr.org/en/NewsEvents/Pages/DisplayNews.aspx?NewsID=22399&LangID=E
AmnestyInternational:https://www.amnesty.org/download/Documents/EUR3072412017ENGLISH.pdf
Newspapers etc:
[15] https://www.camera.it/leg17/561?appro=OCD25-270 ultima parte
[16] https://www.penalecontemporaneo.it/upload/2614-amatopassione2019a.pdf
[17] ibidem
[18] https://rm.coe.int/letter-from-nils-muiznieks-council-of-europe-commissioner-for-human-ri/1680727baf