Il 7 marzo scoppiano le rivolte nelle carceri italiane, alcune davvero devastanti, con tanto di evasione spettacolare e una scia di 14 detenuti morti. Dietro le rivolte – come detto recentemente dal sociologo Nando Dalla Chiesa, e adombrato anche dal presidente della commissione antimafia Nicola Morra – ci sarebbe stata una regia mafiosa, per fare pressione sul governo ed ottenere le scarcerazioni dei boss mafiosi al 41 bis.
In effetti, come accade con le Piramidi d’Egitto, quando improbabili studiosi vogliono trovare conferma che siano state costruite grazie agli alieni, si possono scovare tutti gli ingredienti giusti per creare suggestioni.

Le piramidi d’Egitto sono meraviglie architettoniche che continuano ad affascinare. Non è ancora del tutto chiaro come gli antichi Egizi riuscirono a costruirle: è possibile ipotizzare che lo abbiano fatto grazie a tecnologie aliene, ma è preferibile supporre che ci siano riusciti da soli sfruttando in modo ingegnoso le conoscenze dell’epoca. In sostanza, la verità è sempre quella più “semplice”, anche se meno intrigante.
Parliamo del “rasoio di Occam”, un metodo che suggerisce di fare a meno delle ipotesi superflue quando si cerca di spiegare un fenomeno.
Metodo, però, noioso e molto spesso non funzionale allo Stato di Polizia. Perché? L’esempio più evidente è la questione relativa alle famose rivolte carcerarie avvenute tra il 7 e il’11 marzo scorso, in piena pandemia.
L’ipotesi scatenante delle rivolte, quella più semplice e perfino banale, è quella che riguarda tutte le altre rivolte carcerarie che si sono avute, quasi in contemporanea, in tutto il mondo: la paura del contagio del Covid 19 (distanziamento impossibile in carcere) e la rabbia per le misure decise dalle autorità carcerarie per contenerlo. Ma non va bene, è una verità, appunto, troppo semplice. Siamo in Italia, un Paese dove persone che ricoprono ruoli importanti, magistrati o politici che siano, hanno fatto carriera grazie alla dietrologia, all’arte del sospetto, all’idea che la Storia italiana si stata progettata a tavolino da “entità” non meglio identificate. Deve esserci quindi un’altra verità, che diventerà in seguito mainstream e forse a breve sarà addirittura “istituzionalizzata” dalla commissione nazionale antimafia -che sta svolgendo audizioni in tal senso. Una verità che dà una spiegazione non solo priva di fondamento, ma che mette sotto il tappeto le grandi criticità che coinvolgono il sistema penitenziario. Ecco che, così, le rivolte carcerarie sono state dirette dalla criminalità organizzata, poi scesa a patti con lo Stato. Una sorta di riedizione del teorema giudiziario sulla trattativa Stato Mafia.
In effetti, come accade con le Piramidi d’Egitto, quando improbabili studiosi vogliono trovare conferma che siano state costruite grazie agli alieni, si possono scovare tutti gli ingredienti giusti per creare suggestioni. Il 7 marzo scoppiano le rivolte nelle carceri italiane, alcune davvero devastanti, con tanto di evasione spettacolare e una scia di 14 detenuti morti, la maggior parte stranieri e con problemi di tossicodipendenza. Dietro le rivolte – come detto recentemente dal sociologo Nando Dalla Chiesa, e adombrato anche dal presidente della commissione antimafia Nicola Morra – ci sarebbe stata una regia mafiosa, per fare pressione sul governo ed ottenere le scarcerazioni dei boss mafiosi al 41 bis. Detto, fatto.
Spunta la circolare del Dap che raccomanda alle direzioni del carcere di segnalare ai giudici tutti i detenuti che presentano patologie letali in caso di Covid 19. Esce un articolo de L’Espresso nel quale si denuncia che la circolare avrebbe fatto un favore ai boss al 41 bis, i quali ne avrebbero approfittato per chiedere la detenzione domiciliare. Si crea mistero, inquietudine, ed aleggia nell’aria il famoso “terzo livello”. Il giorno dopo l’allarme, il boss Francesco Bonura viene scarcerato per gravi malattie e messo in detenzione domiciliare. Spunta fuori la lista di centinaia di boss che avrebbero o potrebbero beneficiare della scarcerazione. Poco importa che su quasi 500 nomi, solo tre del 41 bis sono coloro che hanno usufruito della detenzione domiciliare. Il dado è tratto. La presunta nuova trattativa avrebbe quindi dato i suoi frutti. Lo stesso Nino Di Matteo – membro togato del Csm e tra coloro che imbastirono il famoso processo sulla presunta trattativa Stato- mafia – all’indomani delle scarcerazioni si era espresso così: «Lo Stato sta dando l’impressione di essersi piegato alle logiche di ricatto che avevano ispirato le rivolte. E sembra aver dimenticato e archiviato per sempre la stagione delle stragi e della trattativa Stato- mafia».
L’operazione di “verità”, poi, ha avuto la massima enfasi con il programma “Non è l’Arena” di Massimo Giletti.
Indignazioni, suggestioni, disinformazione e anche un po’ di ignoranza, visto che il tema della detenzione domiciliare per gravi moti di salute è stato liquidato con una sola parola: “scarcerazione”. Poco importa deidetenuti morti, dei presunti pestaggi avvenuti in diversi istituti come ritorsione nei confronti dei rivoltosi, ed anche dei detenuti che non vi parteciparono. Non importa sapere che nella maggioranza delle carceri cisono state proteste pacifiche, semplici battiture o sciopero della fame, o anche che in altre, invece, non è accaduta nulla, soprattutto in quelle – rare – dove l’attività trattamentale funziona e c’è un dialogo tra la direzione e i detenuti stessi. Una verità troppo semplice, perfino banale, ma scomoda per chi vuole mantenere lo status quo, e forse qualche privilegio, per continuare la carriera.