Le misure straordinarie progressivamente adottate nel settore della giustizia per fronteggiare l’emergenza sanitaria da Covid-19 non sono valse a scongiurare l’inevitabile paralisi dell’attività giudiziaria, temporaneamente disposta dalla decretazione d’urgenza mediante la sospensione dei termini processuali ed un generale rinvio delle udienze. In più, a ciò ha fatto seguito l’introduzione di una nuova causa di sospensione del corso della prescrizione del reato, ad opera dell’art. 83, co. 4, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27), ossia il cd. Decreto “Cura Italia”. Nonostante la ratio della misura sia d’immediata comprensione a fronte di un contesto tale da impedire l’ordinario svolgimento dell’attività giudiziaria, quanto disposto ha suscitato non pochi dubbi di legittimità costituzionale.

Il 18 novembre 2020 la Corte Costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi sulle questioni di costituzionalità sollevate da diversi giudici di merito [1], che hanno prospettato l’illegittimità dell’art. 83 (di cui sopra) in relazione all’art. 25, co. 2, della nostra Carta costituzionale. Ciò, nella misura in cui la legislazione emergenziale non ha escluso la sospensione del corso della prescrizione con riferimento ai reati commessi prima dell’entrata in vigore della stessa, rilevandosi un potenziale contrasto con il principio di irretroattività, che, com’è noto, fa divieto di applicare la legge penale a fatti commessi prima della sua entrata in vigore. Lo scenario che si delinea è dunque quello di una misura ragionevole, dato il generale contesto di inattività in cui essa si colloca, ma che, prolungando il tempo necessario all’estinzione di reati consumati prima della sua entrata in vigore, si traduce de facto in una modifica normativa sfavorevole al reo. Da qui, il potenziale contrasto con il divieto di retroattività in malam partem, cui la prescrizione è senz’altro soggetta, stante l’ormai consolidato orientamento a favore del carattere sostanziale dell’istituto. La giurisprudenza costituzionale ha infatti avuto modo di pronunciarsi in tal senso in occasione della celebre saga Taricco [2], sottolineando come la prescrizione, incidendo sulla punibilità dell’individuo, non possa che essere soggetta allo statuto di garanzie della legalità penale. Ciononostante, autorevole dottrina non ha mancato di sottolineare come una simile opzione, trascurando gli altrettanto rilevanti profili processuali dell’istituto, si presti a possibili precisazioni [3].

Muovendo da tali premesse, nel tentativo di prospettare un’interpretazione costituzionalmente conforme del suddetto art. 83, si è valorizzata non tanto la qualificazione formale dell’istituto, quanto la funzione che la Carta Costituzionale attribuisce al principio di irretroattività, che, come evidenziato dalla stessa Consulta, “mira a garantire al destinatario della norma una ragionevole prevedibilità delle conseguenze cui si esporrà trasgredendo il precetto penale”. Così come mira al contempo ad erigere “un bastione a garanzia dell’individuo contro possibili abusi da parte del potere legislativo, da sempre tentato di stabilire o aggravare ex post pene per fatti già compiuti[4]. Secondo la tesi prospettata, l’introduzione di una nuova causa di sospensione del corso della prescrizione non violerebbe le rationes di cui sopra. Difatti, se a fondamento del principio vi è la necessità di garantire all’individuo, prima della commissione del reato, la “certezza di libere scelte d’azione”, nonché la prevedibilità delle conseguenze, anche di carattere processuale, il quesito che si pone è: il consociato può ragionevolmente prevedere l’eventualità di un accadimento emergenziale, tale da determinare una stasi procedimentale ed un prolungamento del termine di prescrizione [5]? Parte della dottrina ritiene che possa darsi risposta positiva se si valorizza la previsione di cui all’art. 159 del codice penale. Ciò, nella misura in cui la norma contempla, tra le ipotesi di sospensione del corso della prescrizione, anche eventi imprevedibili – quali il legittimo impedimento per sopravvenuti motivi di salute –, che si sottrarrebbero alla disponibilità e prevedibilità del reo, ancorché oggetto di previsione normativa in un momento anteriore alla commissione del fatto. Di diverso avviso si è invece mostrata la giurisprudenza di legittimità, più volte pronunciatasi nel senso della compatibilità della norma con il principio di cui all’art. 25, secondo comma della Costituzione, adducendo diverse motivazioni, quali la derogabilità del principio di irretroattività alla luce dell’emergenza sanitaria [6] e, secondariamente, la riconducibilità dell’art. 83 ad un’ipotesi di sospensione rilevante ai sensi all’art. 159 c.p. [7]. In merito al primo orientamento, non sorprende come una simile ipotesi interpretativa sia stata accolta da un diffuso scetticismo, in quanto considera sacrificabile un valore fondante del sistema penale quale l’irretroattività della legge penale sfavorevole [8].

A fronte dell’evidente inadeguatezza di una soluzione ermeneutica capace di mettere in discussione l’assoluta e pacifica inderogabilità del principio di cui all’art. 25 Cost., la Suprema Corte ha realizzato un’inversione di rotta, concentrando la propria riflessione sull’art. 159 del codice penale. La norma prevede, infatti, la sospensione della prescrizione ogniqualvolta una particolare disposizione di legge imponga la sospensione del procedimento o processo penale. Pertanto, secondo l’orientamento in esame, il legislatore si sarebbe limitato ad introdurre una specifica ipotesi di sospensione dei procedimenti – con una disposizione processuale, dunque soggetta al principio tempus regit actum –, tale da ricadere nel generale ambito di applicazione della disposizione codicistica. A tale soluzione interpretativa, dottrina e giurisprudenza hanno mosso diverse obiezioni, sottolineando anzitutto come ricondurre la nuova ipotesi di sospensione alla generale previsione di cui all’art. 159 c.p. determinerebbe una sostanziale interpretatio abrogans dell’art. 83, vanificandone la portata innovativa [9]. In secondo luogo, si è invece evidenziato come una simile interpretazione sia tale porre in essere un surrettizio aggiramento del principio di irretroattività in malam partem [10]. Difatti la norma penale, rubricata “Sospensione del corso della prescrizione”, disciplina la sospensione del corso della prescrizione mediante rinvio a particolari disposizioni di legge che prevedono la sospensione del procedimento o processo penale. Tuttavia, se le norme oggetto di rinvio hanno effetto penale sostanziale, è evidente che non possano operare retroattivamente. Dunque, il rinvio può valere per leggi sopravvenute rispetto a fatti anteriormente commessi – destinate, perciò, ad operare retroattivamente – solo nel caso in cui si tratti di disposizioni di natura processuale. Il che si scontra, nuovamente, con l’asserita natura sostanziale dell’istituto della prescrizione. In altri termini, se l’istituto della prescrizione ha natura sostanziale, il rinvio operato dall’art. 159 c.p. non può essere mobile, e le norme richiamate devono essere in vigore nel momento in cui viene commesso il fatto. In caso contrario, l’articolo in questione conterrebbe “una deroga indeterminata al principio di irretroattività”, ragion per cui neppure questa soluzione avanzata dalla giurisprudenza di legittimità è tale consentire un’interpretazione costituzionalmente conforme dell’art. 83 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18. Quanto finora descritto compone lo scenario complessivo in cui è intervenuta la pronuncia della Corte Costituzionale, che si è espressa nel senso della non fondatezza delle questioni di legittimità, ritenendo la disciplina censurata non in contrasto con il principio di irretroattività di cui all’art. 25, comma secondo, Cost., né con i parametri sovranazionali richiamati dall’art. 117, primo comma, Cost.. In attesa del deposito delle motivazioni, non può che rilevarsi come neppure una situazione emergenziale sia tale da giustificare la messa in discussione di principi e valori fondanti dell’ordinamento penale, insuscettibili, per la loro fondamentale funzione di garanzia dell’individuo, di bilanciamenti di ogni sorta.  


[1] Trib. Siena, 21 maggio 2020; Trib. Spoleto, 27 maggio 2020; Trib. Roma, 18 giugno 2020.
[2] Corte Cost., ord. n. 24/2017; Corte Cost. sent. n. 115/2018
[3]G. L. GATTA, “Lockdown” della giustizia penale, sospensione della prescrizione del reato e principio di irretroattività: un cortocircuito, in www.sistemapenale.it, 4 maggio 2020, 11; A. MASSARO, La sospensione emergenziale della prescrizione e il principio di irretroattività della legge penale alla prova dell’emergenza Covid-19: le questioni di legittimità costituzionale, in Osservatorio Costituzionale, 2020, 5
[4] Corte Cost., 26 febbraio 2020 (Ud. 12 febbraio 2020), n. 32
[5] L. AGOSTINI, Sulla legittimità costituzionale della sospensione del corso della prescrizione del reato da COVID -19: un quadro di sintesi del diritto vivente, in Diritto e Processo Penale, 28 settembre 2020
[6] Cass. Pen., Sez. III, 17 luglio 2020, n. 21367
[7] Cass. Pen., Sez. V, 7 settembre 2020, n. 25222; Cass. Pen. Sez. III, 9 settembre 2020, n. 25433
[8] N. MADIA, Dubbi di costituzionalità in materia di sospensione della prescrizione prevista dalla legislazione anti Covid-19. Commento – tra luci ed ombre anche sul modus procedendi – alla sentenza della III sezione penale della Cassazione che ha dichiarato manifestamente infondata la questione, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 7-8 
[9] Trib. Siena, 21 maggio 2020
[10] Trib. Spoleto, 27 maggio 2020