Hanno inizio oggi le confirmation hearings di Ketanji Brown Jackson, 51 anni, nominata dal Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, come nuovo giudice della Corte suprema federale. Se confermata dal Senato (come è più ragionevole ritenere che accadrà), Judge Jackson succederà a Justice Stephen Breyer e sarà la prima donna nera a servire presso la Corte più famosa del mondo. Non dovrebbe trattarsi di una confirmation hearing particolarmente conflittuale, accostabile, sotto questo profilo, alle tre più recenti di Gorsuch, Kavanaugh e Barrett. La “posta in gioco”, ancorché significativa – come noto, ogni volta che muta un componente del supremo collegio si è in presenza di una “nuova Corte” – non è così alta, giacché l’ideological balance complessivo del supremo collegio dovrebbe rimanere inalterato (con una “super maggioranza” conservatrice di 6 giudici a 3). È dunque ipotizzabile che la candidata possa essere votata anche da alcuni senatori repubblicani “moderati” (Murkowsky dell’Alaska e Collins del Maine, in particolare). È ragionevole ritenere che il maggior tema polemico sarà il passato di Kentaji Brown Jackson come public defender (vedi infra), strumentalizzabile come prova di un preteso favore nei confronti dei “criminali” contro gli interessi delle “vittime”. Si tratta, purtroppo, di una tendenza che, da molti anni a questa parte, identifica volutamente l’avvocato con i clienti che ha assistito o rappresentato, al fine di squalificarlo “politicamente” – dimenticando, però, che, in questo modo, si mina la fondamentale funzione di civiltà che la professione forense svolge nella moderna organizzazione sociale.
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