Nota a GUP Rimini, ordinanza 19 gennaio 2021, giudice Vitolo 

Come prevedibile, la «querelle sulla tenuta costituzionale della nuova disciplina del rito abbreviato» è tornata all’attenzione della Corte costituzionale, seppur con riferimento al soggetto non imputabile [1]. Con una recentissima ordinanza del gennaio 2021, infatti, il giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Rimini ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 438, comma 1-bis, c.p.p., nella parte in cui non prevede che un soggetto infermo di mente, «riconosciuto incapace di intendere e di volere al momento del fatto con perizia accertata in sede di incidente probatorio», imputato per un delitto astrattamente punibile con la pena dell’ergastolo, possa chiedere di ricorrere al giudizio abbreviato [2]. La vicenda riguardava un soggetto tratto a giudizio per il reato di omicidio volontario aggravato ex. art. 577, comma 1, n. 1, c.p. (come tale, punito con la pena dell’ergastolo), per aver cagionato la morte della nonna materna. Secondo il giudice riminese, la presunta incompatibilità costituzionale deriverebbe dal contrasto tra la nuova disciplina preclusiva dell’accesso al rito abbreviato per imputati di delitti puniti con l’ergastolo ed il principio di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111, comma 2, Cost., giacché, muovendo dall’accertata incapacità di intendere e di volere dell’imputato, la scelta obbligata di celebrare il processo con le forme ordinarie – in luogo di quelle, potenzialmente applicabili, del rito abbreviato – comporta una pleonastica dilatazione delle tempistiche processuali e un inutile dispendio di risorse organizzative. 

In particolare, il giudice rimettente sostiene che trattandosi di soggetto non punibile e la cui incapacità sia già stata «incontrovertibilmente accertata con perizia», la superfluità della celebrazione di un dibattimento appare ictu oculi evidente sol che si consideri che saranno scontate tanto le valutazioni sulla stessa capacità di intendere e di volere del soggetto, quanto la misura applicabile nei suoi confronti [3]. Ad invitare il giudice a sollevare incidente di costituzionalità è stato, tra l’altro, il pubblico ministero: egli, infatti, ha ritenuto irragionevole dover procedere con le forme ordinarie (e non, come tempestivamente richiesto dalla difesa, con quelle dell’abbreviato) nei confronti di soggetti affetti da un totale vizio di mente poiché essi, oltre ad una celere definizione del processo, necessitano – parimenti – di una misura di immediata applicazione che consenta loro di continuare a vivere dignitosamente e superare, quanto prima, il fatto commesso [4]. Nonostante il magistrato requirente abbia chiesto al GUP riminese di sollevare questione di legittimità con riferimento a numerosi parametri costituzionali [5], il giudice ha scelto soltanto il canone della ragionevole durata del processo. Il giudice a quo ha infatti ritenuto che, anche qualora si procedesse con il dibattimento, non sarebbe possibile pervenire a risultati probatori diversi da quelli già cristallizzati prima facie in sede di incidente probatorio, poiché l’accertamento peritale non può ragionevolmente mutare nelle more del procedimento de qua. Di qui, la completa inutilità dell’iter procedimentale ordinario rispetto ad un esito già scontato e, quindi, ben giudicabile con le celeri forme del rito abbreviato.  Un ultimo profilo di irragionevolezza delineato dal giudice rimettente attiene al tenore letterale dell’art. 425, comma 1, c.p.p., il quale preclude la possibilità di pronunciare sentenza di non luogo a procedere per difetto di imputabilità quando si debba procedere all’applicazione di una misura di sicurezza; tale disposizione, se letta in combinato disposto con il comma 1-bis dell’art. 438 c.p.p., rende inevitabile il passaggio per le “trafficate” via dibattimentali, producendo così un’irragionevole lungaggine processuale. La tenacia del magistrato riminese si scontra, tuttavia, con le considerazioni che la Corte costituzionale ha svolto in una recentissima pronuncia, nella quale si è occupata della presunta incompatibilità costituzionale della nuova disciplina del giudizio abbreviato [6]. In quella sede, proprio con riferimento alle censure proposte dai rimettenti in ordine al parametro della ragionevole durata del processo, la Corte ha legato la violazione del medesimo all’eventualità in cui «l’effetto di dilatazione dei tempi processuali determinato da una specifica disciplina non sia sorretto da alcuna logica esigenza, e si riveli invece privo di qualsiasi legittima ratio giustificativa» [7]; appare, pertanto, questo lo scoglio interpretativo da superare per l’accoglimento della censura oggetto di rimessione.

Tuttavia, la poca distanza temporale tra le due decisioni, nonché l’autorevolezza e l’accuratezza di siffatta valutazione, cela un’evidente difficoltà di superamento della decisione. A ben vedere, nonostante lo stato di infermità sia stato accertato in contraddittorio già nella prima fase del procedimento – assurgendo, in tal modo, allo status di prova ritualmente utilizzabile ai fini della decisione – è solo durante la fase dibattimentale che il giudice effettuerà la propria valutazione sull’utilizzabilità decisoria di quello specifico elemento probatorio. In altri termini, il giudice a quo pone come presupposto della superfluità di un processo dibattimentale la condizione di non punibilità del reo scaturita dalla sua incapacità di intendere e di volere, che, per quanto diagnosticata, non è stata ancora oggetto di accertamento in giudizio; pertanto, nel dubbio di compatibilità costituzionale si cela, a ben vedere, “un cortocircuito logico per effetto del quale la possibilità di accedere al rito abbreviato dovrebbe essere concessa in virtù di un elemento (il vizio di mente) su cui non è ancora intervenuta alcuna deliberazione giudiziale” [8]. In definitiva, i margini per addivenire ad una pronuncia favorevole alle censure prospettate dal rimettente sembrano pochi, poiché il superamento dello scoglio della discrezionalità legislativa è assai arduo. Difficile appare, infatti, che i giudici di palazzo della Consulta procedano ad un overruling delle precedenti prese di posizione, giacché la questione, sebbene censurata sotto un unico profilo e nondimeno riferita alla condizione dell’infermità mentale del soggetto, appare molto simile a quella oggetto delle censure dei rimettenti. Pertanto, complicato risulta il superamento del parametro della manifesta irragionevolezza od arbitrarietà, necessario per far sì che la Corte si possa occupare della questione.


[1] Cfr. G. Padua, Giudizio abbreviato nel caso di reati puniti con l’ergastolo: la Corte costituzionale chiamata a decidere se la preclusione è giustificata anche per il soggetto non imputabile, in Sistema penale, 18 marzo 2021. 
[2] Ordinanza 19 gennaio 2021, ufficio GIP/GUP presso il Tribunale di Rimini, giudice Vitolo. 
[3] In questo caso, infatti, il giudizio non potrà che concludersi con l’applicazione di una misura di sicurezza. 
[4] Nel caso di specie, non si dubita della responsabilità penale del soggetto non imputabile giacché questi è imputato reo confesso. 
[5] Articoli 2, 3, 27, 32 e 111 della Costituzione. 
[6] Ci si riferisce a Corte cost., 3 dicembre 2020, n. 260, in Giur. cost., 2021. 
[7] Ibidem
[8] Così, brillantemente, rileva G. Padua, op. cit., § 9.