Riceviamo e pubblichiamo con interesse questo contributo dell’Autrice* sul delicato tema del fine vita. Come sapete, Extrema Ratio ha preso una posizione molto chiara sul tema dell’eutanasia, in senso di apertura e sostegno all’iniziativa referendaria in corso (https://bit.ly/3kBYF38). Proprio nell’ottica di mettere a disposizione di chi ci segue ulteriori elementi e contenuti sul tema, vicini a quel “conoscere per deliberare” a cui cerchiamo sempre di tendere nella nostra attività, pubblichiamo un breve, preciso e accessibile “prontuario sulle scelte di fine vita”.

*Dott.ssa Rebecca Girani, Dottoranda Dipartimento di Scienze Giuridiche presso l’Alma Mater Studiorum-Università di Bologna

Come è noto, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 242 del 2019 ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’art. 580 c.p., per violazione degli artt. 2, 13 e 32, secondo comma, Cost. con specifico riferimento all’aiuto al suicidio prestato a pazienti, tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetti da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, ma pienamente capaci di prendere decisioni libere e consapevoli [1]. La Corte costituzionale ha modellato la sentenza sul caso concreto, quello di Dj Fabo, da anni tetraplegico, cieco e non autonomo nella respirazione, nell’alimentazione e nell’evacuazione a causa di un incidente stradale. In particolare, ad avviso di chi scrive, tra le quattro condizioni delineate dai giudici, il requisito sub c), cioè «essere tenuto in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale», rappresenta il vero architrave di tutta la pronuncia e tradisce lo stretto collegamento con il caso concreto da cui origina la questione di legittimità. Dopo l’intervento manipolativo della Corte costituzionale, il 27 luglio 2020 la Corte d’Assise di Massa si è pronunciata sul caso Trentini, passando in rassegna proprio i requisiti delineati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 242 del 2019 [2]. Già da questa prima pronuncia, confermata in appello, pare emergere un’interpretazione estesa del concetto di dipendenza da «trattamenti di sostegno vitale» [3]. 

Le novità registrate sul tema del fine vita si devono, fino ad oggi, all’intervento della giurisprudenza, costituzionale e di merito. Il Parlamento, vero depositario del potere legislativo, è invece ancora (quasi) inerte. Ecco allora che il rischio appare immediatamente duplice. L’assenza di una normativa chiara che disciplini il fine vita determina come conseguenza, da una parte, un’applicazione disomogenea dell’art. 580 c.p. in giurisprudenza, dall’altra, la mancata tutela dei soggetti vulnerabili, cioè della categoria che proprio l’art. 580 c.p. si propone di proteggere. Tutto ciò accade in un momento in cui, in seno all’opinione pubblica, si registra un flusso continuo di informazioni – più o meno precise – inerenti al tema del fine vita. Il fenomeno è acuito anche dalla raccolta firme organizzata in vista del referendum abrogativo [4], avente ad oggetto l’art. 579 c.p., cioè l’omicidio del consenziente, fattispecie di reato distinta rispetto a quella prevista dall’art. 580 c.p. Ad avviso di chi scrive, se lo scopo delle discussioni sul tema del fine vita è addivenire ad un risultato duraturo e condiviso, allora è necessario in primis intendersi sul significato delle espressioni utilizzate. 

Bisogna distinguere tra rinuncia/rifiuto di trattamenti sanitari (anche salvavita) ed eutanasia. In entrambe le situazioni, la richiesta muove dal paziente, ma la risposta del personale sanitario è profondamente differente. Nel caso della rinuncia/rifiuto, l’operatore sanitario compie atti volti a concretizzare la richiesta della persona non iniziando il trattamento o sospendendolo, di conseguenza la malattia prosegue il suo decorso portando naturalmente alla morte. Nel secondo caso, lo scopo dell’attività medica è precedere l’evoluzione della malattia provocando la morte attraverso la somministrazione di un farmaco. A questo proposito, occorre distinguere due concetti: l’assistenza al suicidio e l’eutanasia. Nell’aiuto al suicidio, il medico si limita a mettere a disposizione la dose letale del farmaco ed è richiesta un’azione posta in essere dal paziente in autonomia (ad esempio, l’esercitare pressione su un pulsante che attiverà l’iniezione). Nell’eutanasia, invece, il medico somministra attivamente il farmaco. Ecco, quindi, che, una volta chiarita la differenza tra i fenomeni richiamati, è possibile instaurare un dialogo rispettoso delle diverse sensibilità, che non si limiti a slogan pubblicitari, spesso forieri di misunderstanding sul significato stesso delle espressioni utilizzate. In tal modo, sarà possibile giungere a un risultato condiviso e duraturo, su un tema che fa emergere il naturale conflitto esistente nella società tra concezioni etico-morali differenti. 


[1] Tra i commenti alla sentenza si segnala S. Canestrari, Una sentenza “inevitabilmente infelice”la “riforma” dell’art. 580 c.p. da parte della Corte costituzionale, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2019, 4, pp. 2159 ss; M. Romano, Istigazione o aiuto al suicidio, omicidio del consenziente, eutanasia, dopo le pronunce della Corte costituzionale, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2019, 4, pp. 1793 ss; C. Cupelli, Il Parlamento decide di non decidere e la Corte costituzionale risponde a se stessa, in Sistema penale, 2019, 12, pp. 41 ss. 
[2] A. Massaro, La dipendenza da trattamenti di sostegno vitale nelle procedure di suicidio medicalmente assistito: ridescrizione o interpretatio abrogans? Note a margine della sentenza di assoluzione di Marco Cappato e Mina Welby nel caso Trentini, in Giurisprudenza Penale Trimestrale, 2020, 3, p. 106. 
[3] La Corte d’Assise infatti al punto 15.2 della motivazione afferma espressamente che «ciò che ha rilevanza sono tutti quei trattamenti sanitari – sia di tipo farmaceutico, sia di tipo assistenziale medico o paramedico, sia, infine, con l’utilizzo di macchinari, compresi la nutrizione artificiale e l’idratazione artificiale – senza i quali si viene ad innescare nel malato “un processo di indebolimento” delle funzioni organiche il cui esito – non necessariamente rapido – è la morte». 
[4] https://referendum.eutanasialegale.it/il-quesito-referendario/