1.La rivolta nelle carceri, il D.L n. 11/2020
Il primo è sicuramente rappresentato dalla grande rivolta delle carceri esplosa nei giorni 7-10 Marzo 2020 (da Foggia a Milano, da Roma a Bologna). Il perché di una simile agitazione può essere attribuito a due fattori tra loro concatenati: la diffusione del Covid-19 anche all’interno delle carceri e, poi, il D.L n. 11/2020, art. 2, com. 8 e 9, che ha disposto la sospensione dei permessi premio, delle visite ai detenuti e del regime della semilibertà.
Dalle inchieste effettuate[1], era emerso che il Covid-19 circolasse all’interno delle strutture fin dalla fine di febbraio, quando furono accertati almeno dieci casi di positivi da parte del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Impossibile chiedere ai detenuti di non preoccuparsi delle loro condizioni, a fronte di un sistema detentivo sovraffollato e carente in molti servizi essenziali, tra cui quelli igienico-sanitari. Una situazione che apparve immediatamente preoccupante, alla luce dei dati emersi dai monitoraggi del Garante nazionale dei Detenuti, che aveva espresso tutta la sua preoccupazione per le persone ristrette in un contesto in cui, al 13 Gennaio 2020, a fronte di 50.692 posti a disposizione erano sottoposte a misure privative della libertà circa 60.885 persone. Era chiaro che nelle strutture detentive, in cui mediamente in una cella vi sono tra le 3 e le 5 persone, la distanza obbligatoria di 1 m raccomandata dai medici non poteva essere rispettata. Inoltre, non si era ancora provveduto a distribuire sufficienti DPI (dispositivi di protezione individuale) alle guardie ed ai detenuti per evitare un contagio indiretto. Poi, come accennato sopra, la miccia è stata innestata con il D.L n. 11/2020: le uniche forme di contatto ammesse erano le videochiamate tramite apparecchiatura di videoconferenza. A seguito di questa scelta i detenuti, hanno provocato uno stato di agitazione su tutto il territorio nazionale. Lo scenario carcerario era così ritornato al centro di una discussione tra magistrati di sorveglianza, avvocati e forze politiche, e a tutte le istituzioni si chiedeva più coraggio con provvedimenti contro l’overcrowding italiano, in particolare per quei detenuti che avevano da scontare una pena base massima di 1-2 anni, anche come residuo di pena maggiore.

2. Il decreto Cura Italia
Si giunge così al secondo momento della nostra storia, la creazione del D.L 17 Marzo, n. 18/2020, conv. in L. 27/2020, noto come “Decreto Cura Italia”. Tra i numerosi articoli contenuti, vi sono gli artt. 123 e 124: il primo configurava una detenzione domiciliare speciale per detenuti con pena non superiore ai 18 mesi (espressamente derogando al regime della semilibertà della L. 199/2010), che non avessero partecipato alle rivolte e che non avessero commesso delitti di cui all’art. 4bis ord. Pen. (associazione mafiosa, stupro, commercio di sostanze stupefacenti, pedo-pornografia ecc..); il secondo, invece, concedeva una durata complessiva maggiore al regime dei permessi di cui all’art. 52 ord.pen., fino al 30 Giugno 2020. Sebbene vi fossero state critiche al provvedimento per un termine detentivo troppo basso e molti ne consigliavano un miglioramento[2], il testo non fu emendato in questa parte. Ma gli effetti della misura hanno avuto il merito immediato di ridurre considerevolmente la pressione nelle carceri, con la liberazione di circa 6.000 persone che portarono la capienza complessiva a poco meno di 54.000 detenuti alla data del 16 Aprile del 2020[3]. Lo scenario sembrava destinato a migliorare gradualmente. Purtroppo, nel sistema italiano le norme che tentano di assicurare un’ umana detenzione ed una pena volta alla rieducazione del condannato, in armonia con gli art. 27 Cost. e art 2 e 3 CEDU, non sempre sono accolte favorevolmente. In particolare, quando queste concedono la libertà a persone marchiate dalla condanna, vi è sempre il grido di protesta, che si eleva ad invocare un feroce giustizialismo che serri ad infinitum le porte delle strutture detentive. E proprio tale esigenza repressiva ha avuto un suo ruolo nella terza fase dell’emergenza carceraria ai tempi del Covid-19.

3. Le scarcerazioni dei detenuti in 41-bis, il vento di protesta e il D.L n. 28/2020, carne per le voci affamate
Infatti l’emergenza sanitaria ha spinto alcuni membri della malavita organizzata, in regime di 41-bis ord.pen., a chiedere la detenzione presso la propria residenza per precarie condizioni del quadro clinico. Tra questi, Pasquale Zagaria (parente di Michele Zagaria), per il quale il Tribunale di Sorveglianza di Sassari aveva disposto il differimento dell’esecuzione della pena ex art. 147, com. 2 c.p per il termine di 3 mesi, poiché: “il detenuto si trova affetto da una tipologia grave e soggetto alla necessità di un iter diagnostico e terapeutico che viene definito indifferibile, ma che al momento non è possibile effettuare. Lasciare il detenuto in tali condizioni equivarrebbe ad esporlo al rischio di una malattia potenzialmente letale, in spregio al diritto alla salute ed al diritto a non subire un trattamento inumano”[4]. Della stessa natura, l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Milano per Francesco Bonura: “il quadro clinico del detenuto, pregiudicato dalla malattia e dai postumi degli interventi chirurgici, non lascia trasparire il rischio di una nuova condizione di pericolosità”[5]. Immediatamente la notizia delle loro liberazioni ha provocato uno scontro mediatico-politico di grande veemenza, con le forze di opposizione che hanno immediatamente accusato il Governo di aver inserito una norma nel D. L Cura Italia appositamente per scarcerare i boss in regime di 41bis ord. pen. Tra i primi a subire gli effetti della nuova questione mafiosa, il Capo del DAP Francesco Basentini, dimessosi in data 2 Maggio 2020, sebbene i provvedimenti dei giudici di sorveglianza non erano stati disposti con il nuovo regime del D.L 18/2020 (il quale per altro escludeva espressamente la categoria mafiosa), ma secondo l’ordinario regime della legge penitenziaria. Tuttavia, il fiume era ormai esondato, ed occorreva intervenire rapidamente. In questo senso si muove il D.L n. 28/2020, pubblicato in G.U il 30 Aprile 2020, intervenendo, seppur blandamente, sui poteri istruttori e decisori dei giudici di sorveglianza. In particolare, l’art. 2 com.1, lett. a) aggiunge all’art. 30-bis ord.pen. che nei casi di detenuti condannati per uno dei delitti ex art. 51, com. 3-bis e 3ter c.p.p, l’autorità competente debba chiedere il parere del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale e, nei casi di soggetti in regime di 41-bis ord.pen, il parere del Procuratore Nazionale Antimafia. Il permesso non potrà essere concesso prima di 24 ore dalla richiesta dei predetti pareri, salvo esigenze di motivata eccezionale urgenza, e comunque l’autorità competente sarà legittimata ad emanare il provvedimento anche qualora tale parere non fosse formulato. Alcune precisazioni: è una disposizione che si riferisce solo ai permessi dell’art. 30 ord.pen., cioè ai permessi concessi per casi di pericolo di vita di un familiare o di un convivente oppure per eventi familiari di particolare gravità, e non anche ai permessi premio. La norma è stata sottoposta a vaglio già di alcuni magistrati di sorveglianza, che hanno potuto osservare come il teleologismo della norma fosse prettamente istruttorio più preventivo. In particolare, si è disposta una forma di interrelazione tra p.m, magistrato di sorveglianza, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale e Presso la Corte di Appello e il Procuratore nazionale antimafia attraverso i pareri obbligatori che devono essere rilasciati per assumere la decisione. Questi pareri, tuttavia, non hanno formalmente la funzione di vincolare l’autorità procedente, pena una forma di soggezione tra i vari magistrati (fattispecie vietata dagli art. 102, 107 e 108 Cost.), bensì aumentano gli elementi giustificativi di un provvedimento di diniego o di concessione del beneficio. Pertanto, sono pareri che potremmo definire obbligatori ma non giuridicamente vincolanti, ovvero pareri che la legge impone di acquisire pur lasciando un margine di discrezionalità e di azione all’autorità che emana il provvedimento finale. Sono stati evidenziati limiti in questo senso:il tentativo di imbrigliare l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati […] ovviamente senza l’interlocuzione con la difesa”. In più, la norma ha riformulato il com. 9 dell’art. 30bis ord.pen., prevedendo che il Procuratore generale presso la Corte di Appello, informato trimestralmente dell’esito della concessione dei permessi, debba condividere le informazioni, rispettivamente, con il Procuratore presso il Tribunale in merito ai reati ex art. 51, com. 3bis e 3ter c.p.p, e con il Procuratore Antimafia per i detenuti in regime di art. 41bis ord.pen. Da una prima lettura del testo, non sembrano esservi elementi che richiamino delle esigenze di carattere sanitario, ma si tratta di interventi con fini squisitamente investigativi, che hanno normato l’attività di comunicazione che molte procure e tribunali condividono con regolarità con la DDA e la Procura Nazionale Antimafia. Di altro respiro appare, invece, l’art. 2, com.1, lett. b) del D.L, che ha aggiunto il com. 5quinques all’art. 47ter ord.pen. Nel regime della detenzione domiciliare, è ora previsto che magistrato di sorveglianza e Tribunale di Sorveglianza, al fine di accogliere o respingere l’istanza dell’interessato in merito ai casi di cui agli art. 146 e 147 ord.pen., siano obbligati a richiedere il parere della Procura presso il Tribunale e della Procura Nazionale Antimafia, che devono fornirli entro il termine di 2 e 15 giorni dalla richiesta. Come per i permessi ex art. 30bis ord.pen., sussiste sempre il potere di provvedere indipendentemente dall’acquisizione dei pareri in caso di motivata eccezionale urgenza. Come anticipato la nuova disposizione appare incline ad una logica legata alla valutazione dello stato di salute e della condizione clinica dell’istante, posto che il differimento obbligatorio e facoltativo della pena ricomprende i casi di deficienza immunitaria e patologie gravi incompatibili con il regime detentivo. Se questi pareri non sono obbligatori, ne consegue che i Tribunali di Sorveglianza potranno assumere decisioni anche contrarie a quelle fornite dalle Procure, ma sempre giustificando la loro scelta su specifiche esigenze sanitarie riscontrate nel corso dell’istruttoria. Più che orientare il magistrato o il Tribunale di Sorveglianza in merito all’istanza di detenzione domiciliare però, come osservato da alcuni autori[7], la richiesta del parere funge da strumento per ampliare la valutazione complessiva del detenuto, anche alla luce del suo comportamento intramurario e alla sua rieducazione, fornendo un quadro sinottico più ampio da vagliare qualora siano richieste misure premiali e di reinserimento nella comunità. L’articolo, tuttavia, non sembra aver riscontrato una valutazione positiva[8]. Vagliando il quadro nazionale ed internazionale attuale, la disposizione parrebbe stridere con alcune norme, tra cui artt. 2, 3, 27, 32 Cost., nella parte in cui subordina la concessione del provvedimento alla richiesta di valutazione dei magistrati requirenti, con il rischio che l’attesa per il parere obbligatorio leda la salute dei detenuti più vulnerabili. Inoltre, le critiche mosse al decreto legge si rivolgono anche al pericolo di non rispettare le linee guida europee, in particolare le Regole europee del Consiglio d’Europa del 2006 e la Risoluzione del Parlamento Europeo del 5 Ottobre 2017 che, tra le varie indicazioni, imporrebbero agli Stati di salvaguardare la salute dei detenuti, offrire loro strutture e trattamenti sanitari adeguati, valutare la condizioni clinica dei detenuti con gravi patologie e rispettare i diritti umani come sancito dalla CEDU. Per cui se i detenuti devono essere sottoposti a forme restrittive della libertà personale, che almeno sia assicurato loro un minimo di tutela. Volgendo ora all’ultima fase di questo articolato percorso, si deve segnalare il recente D.L 29/2020 del 10 Maggio 2020.

4. D.L 29/2020 del 10 Maggio
Si prevede che in caso di detenzione domiciliare, differimento della pena per emergenza Covid-19 e arresti domiciliari in sostituzione della misura cautelare in carcere, l’autorità che ha adottato il provvedimento, ( Magistrato di Sorveglianza, Tribunale di Sorveglianza, p.m ) entro 15 giorni valuta nuovamente la condizione del soggetto, disponendone il rientro nell’istituto di pena o la prosecuzione della misura, potendo effettuare anche rapidi accertamenti per controllare l’effettivo stato di salute del reo. Ciò comporta che ove lo stato della malattia non degeneri o siano presenti strutture che assicurino la detenzione senza rischio di contagio, potrà essere revocata la detenzione domiciliare c.d. umanitaria dell’art. 47ter, com. 1ter ord.pen., ossia la detenzione disposta qualora ricorrano le condizioni per il differimento della pena ex art.146-147 c.p. (espressamente disposto dall’art. 1 del Decreto Legge 29/2020). Sembra, a prima lettura, che la revoca della misura possa scattare qualora dall’informativa dell’Antimafia sussistano i pericoli di un nuovo collegamento con la criminalità organizzata o della pericolosità del soggetto [9], senza per altro prevedere una modalità di impugnazione della decisione dell’autorità competente. Negativamente si segnala che l’art. 4 ha previsto una nuova stretta sulle visite ed i colloqui, disponendone la sola modalità telematica per il periodo 11 Maggio-31 Luglio 2020. Infine, il nuovo provvedimento ha poi un’area di portata assai ampia, applicandosi a tutte le scarcerazioni effettuate dalla data del 23 Febbraio 2020. I tempestivi dubbi di legittimità costituzionale si sono concretizzati nelle tre ordinanze di altrettanti Magistrati di Sorveglianza, che hanno sollevato la questione davanti alla Corte costituzionale (ne abbiamo parlato qui ).

5. I numeri delle carceri
Conclusivamente la situazione delle carceri, in data 15 Maggio 2020, è questa: circa 52.679 detenuti presenti nelle carceri (contro la capienza massima di 50.692), 159 ristretti contagiati, 215 agenti penitenziari positivi [13]. Occorre ripensare il sistema detentivo con provvedimenti mirati, oculati ed ora- nel limite del possibile- non più emergenziali, avendo come fine sempre il trattamento umano del detenuto e il suo reinserimento sociale. L’occasione che questo 2020 fornisce per una rivoluzione della detenzione non deve essere cestinata. Nuovi operatori, l’ aumento delle risorse, il ripensamento dello spazio delle prigioni, il potenziamento delle misure alternative alla detenzione: questi alcuni segnali della strada da percorrere. Quella che dovrà segnare il passaggio dalla pena giustizialista alla pena giusta.


[1] Coronavirus e Carcere: le osservazioni e le proposte della Associazione italiana dei Professori di diritto Penale, in Giurisprudenza Penale, Marzo 2020 (https://www.giurisprudenzapenale.com/wp-content/uploads/2020/03/AIPDP_Proposte_emergenza_carceraria_da_coronavirus.pdf)

[2] Sul sito dell’associazione Antigone si può leggere il seguente rapporto sull’emergenza carceraria https://www.antigone.it/upload2/uploads/docs/AntigoneCoronavirusIT.pdf

[3] Ord. Tr. Sorv. Sassari, 23-04-2020, in Giurisprudenza Penale, https://www.giurisprudenzapenale.com/wp-content/uploads/2020/04/ordinanza-sassari.pdf

[4] Ord. Tr. Sorv. Milano, 20-04-2020, in Diritto Penale e Uomo, https://dirittopenaleuomo.org/wp-content/uploads/2020/04/Decreto-Bonura.pdf

[5] F. GIANFILIPPI, Emergenza sanitaria in carcere, in Giurisprudenza Penale Web 2020, 5, pag. 6-8

[6] Cass. 16 Maggio 2013, n. 258413; Cass. 5 Giugno 2013, n. 257532

[7] F. GIANFILIPPI, Emergenza sanitaria in carcere, in Giurisprudenza Penale Web 2020, 5, pag. 9-10

[8] P. GENTILUCCI, L’art. 2 D.L 28/2020. Un argine forse incostituzionale, in Giurisprudenza Penale Web 2020, 5, pag. 10-13

[9] G. PESTRELLI, D.L 2972020: Obbligatorio rivalutare periodicamente le scarcerazioni connesse all’emergenza Covid-19, in Quotidiano Giuridico, 13 Maggio 2020, https://www.quotidianogiuridico.it/documents/2020/05/13/d-l-29-2020-obbligatorio-rivalutare-periodicamente-le-scarcerazioni-connesse-all-emergenza-covid-19

[10] Questi i dati indicati dal Garante Nazionale in sede di intervista con la Rai, http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/coronavirus-garante-penitenziari-contagi-detenuto-agenti-68086db1-d8a1-4f03-9ae2-9147df6e39fa.html